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La crisi idrica in California e nell’ovest americano

Il cambiamento climatico ha accelerato tutti i processi facendo del 2021 l’anno delle ondate di calore da record e dei mega-incendi senza fine.

Circa 5 milioni di turisti da tutto il mondo visitano ogni anno il Grand Canyon ma nessuno di loro sa che il fiume in fondo all’abisso, il Colorado, oggi è poco più di un modesto corso d’acqua fangoso e giallastro, che in tempi normali è profondo circa 30 metri, quest’anno molto meno. Soprattutto, il Colorado non arriva al mare: l’ultima volta che è sfociato nell’Oceano, in Messico, è stato nel 1998, da allora il tratto che sta a valle della diga di Morelos è asciutto. Una delle ragioni è che da vent’anni la California e gli altri stati dell’Ovest attraversati dal fiume sono colpiti dalla siccità e quest’anno da quella che è stata definita una “megasiccità”, termine inventato recentemente perché “siccità estrema” non era più sufficiente a descrivere la situazione. Qui potete leggere un’eccellente inchiesta di ProPublica sulla situazione.
 

Anche quando non c’era la siccità il Colorado era sovrasfruttato grazie a decine e decine di dighe per fornire acqua dolce a Wyoming, Nevada, Utah, California, Arizona e Messico. Di queste, la più importante è la Hoover Dam, una delle infrastrutture più importanti costruite dal New Deal di Franklin Roosevelt negli anni Trenta. Il bacino formato dalla diga, Lake Mead, è un gigantesco specchio d’acqua di 640 chilometri quadrati, da cui dipendono 20 milioni di persone (Las Vegas, con i suoi 650.000 abitanti e i suoi milioni di turisti è a meno di 40 chilometri). Il problema è che il bacino non è pieno dal 1983, quasi 40 anni fa. Già nel 2000 era iniziato un declino costante causato dalla siccità epocale e adesso il livello dell’acqua è ad appena il 35% della sua capacità.
 

Le stravaganze di Las Vegas con le sue fontane giganti, i suoi campi da golf, i quartieri con i laghetti e gli hotel costruiti a somiglianza di Firenze e Venezia, con tanto di gondole e gondolieri, sono ben note. Ma che dire della contea di Washington, nello Utah, che vuole costruire centinaia di chilometri di acquedotto per ottenere dal Colorado alcuni miliardi di litri d’acqua in più, con cui nutrire le sue casette con la piscina, l’erba verde davanti e i suoi campi da golf? Se ne parla dettagliatamente qui.
 

Nonostante tutto, la crisi idrica dell’Ovest americano non è colpa delle città: il 70% dell’acqua va all’agricoltura. Un recente documentario dello Wall Street Journal mostra i campi aridi, le piante secche e il panorama di desolazione di molte zone della California, che fornivano un quarto della frutta e verdura consumata dai 340 milioni di americani, oltre che i vini della Napa Valley, le noci e le mandorle che si trovano nei nostri supermercati. Ma per far crescere pomodori, riso o alfalfa, occorrono risorse idriche enormi. Risorse che sono state create con opere titaniche di ingegneria idraulica, che però oggi mostrano i loro limiti.
 

Da anni gli esperti dell’Ovest americano avevano previsto che, senza riduzioni sostanziali nell’uso eccessivo dell’acqua, il fiume Colorado non sarebbe più stato in grado di sostenere tutti i 40 milioni di persone che dipendono da lui. Due eccellenti libri sull’argomento sono Under Western Skies, di Donald Worster, e Cadillac Desert di Marc Reisner.
 

Oggi, il cambiamento climatico globale ha accelerato tutti i processi, facendo del 2021 l’anno delle ondate di calore da record e dei mega-incendi senza fine, oltre che del rapido declino del flusso dei fiumi. Quest’anno, anche se il manto nevoso sulle Montagne Rocciose era a livelli quasi normali, il terreno arido e le piante colpite dal caldo intenso hanno assorbito gran parte dell’acqua, e il flusso del Colorado è diminuito di quasi il 20%. Forse sarebbe l’occasione per prendere atto che l’Ovest americano ha potuto adottare fino ad oggi un modello di sviluppo insostenibile, in particolare a causa degli sprechi in agricoltura.
 

La maggior parte dell’acqua usata dalle fattorie va colture non essenziali come l’erba medica e altre erbe che alimentano il bestiame per la produzione di carne. Molto di questo fieno viene addirittura esportato per nutrire gli animali in Medio Oriente e in Asia. Quel che è certo è che gli americani non sembrano in grado di rinunciare al loro hamburger quotidiano e ai barbecue carnivori della domenica: negli ultimi anni il consumo di carne è costantemente aumentato, fino a raggiungere i 120 chili l’anno pro capite, il doppio della media europea.
 

In sostanza, la California ha un clima semidesertico, o desertico, come nel deserto di Sonora (o del Mojave). Senza l’acqua del Colorado lo stato non avrebbe potuto far crescere niente, tranne in piccole zone con una pluviosità adeguata. Se è riuscita in qualche modo a cavarsela fino ad oggi è grazie all’acqua che viene dagli acquedotti e dalle tubazioni costruite in un secolo per irrigare le sue valli. Per chi ha nostalgia dei suoi anni felici, qui trovate California Dreamin’ dei Mamas & Papas (c’è anche in italiano, nella versione dei Dik Dik). Oggi la siccità, le ondate di calore estremo e gli incendi che solo quest’anno hanno distrutto migliaia di chilometri quadrati di bosco rischiano di metter fine al sogno californiano per parecchio tempo.