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‘Mediterraneo Futuro’ un progetto dove il cibo è leva di cambiamento

Mediterraneo Futuro è un progetto degli agricoltori che costruiscono legami con creatività, connettività, dedizione e lavoro onesto per rigenerare i propri territori. Un progetto che dà vita a prodotti sani e buoni in grado di contribuire a un nuovo inizio di prosperità per un Mediterraneo che ha futuro.

“Perché le fragole al supermercato di Stoccolma devono costare 2 euro alla confezione? E i pomodori che fanno mille chilometri per arrivare sugli scaffali, possono costare 99 centesimi? La realtà è che ci siamo abituati a pagare poco il cibo, ma questo è possibile solo se i braccianti vengono fatti lavorare dieci o dodici ore al giorno, se si ammalano a causa dei pesticidi, se vengono pagati in nero, se sono nelle mani dei caporali. Noi possiamo fare la spesa per la settimana con 30 euro perché ci sono gli schiavi che lavorano per noi, questa è la realtà.”

Lucio Cavazzoni, una vita di esperienza con le api, la campagna, i prodotti biologici, è molto lucido nell’analizzare la situazione dell’agricoltura nel Mediterraneo oggi, con le sue storture, le sue ingiustizie, ma anche le sue potenzialità.
 
Il cibo costa sempre meno grazie alle colture intensive, ai pesticidi e al caporalato, che non è un fenomeno solo del sud Italia: ci sono migliaia di indiani sikh nel Lazio che lavorano in condizioni disumane, come ha documentato più volte un sociologo militante come Marco Omizzolo. E il caporalato sta facendo la sua comparsa anche in Emilia-Romagna (dove Good Land ha sede) perché l’imperativo di produrre di più e produrre a basso costo vale per tutti.
 
Questo è il risultato di molti fattori ma prima di tutto vorrei citare la stagnazione, o addirittura la diminuzione dei salari. Il cibo deve costare poco perché altrimenti la gente non arriverebbe a fine mese. Negli ultimi 30 anni, i salari medi in Europa sono aumentati dappertutto, tranne che in Italia: da noi sono diminuiti del 2,9%. E, naturalmente, le pensioni sono molto più basse dei salari. Quindi, per avere scaffali con prodotti a prezzi abbordabili dobbiamo avere migranti senza diritti, che lavorano per 20 o 30 euro al giorno e dormono in baracche di lamiera, senza luce o acqua.”
 
La strada per uscire da questo circolo vizioso è lunga e sicuramente passa dal lavoro fatto con sindacalisti come Aboboubakar Soumahoro e Yvan Sagnet, ma occorre anche un progetto alternativo, un’idea di un mondo diverso, di una società diversa. L’idea di un rapporto con la natura che sia di rispetto e di collaborazione, non di distruzione.
“Sì, è per questo che abbiamo lanciato Good Land, che non fa prodotti, fa prodotti che hanno dietro un progetto. Lo scopo è quello di far emergere le persone che lavorano in maniera diversa.
Come? Aiutandole e sostenendole, questo è l’unico modo. Costruendo comunità sui territori. Il progetto Mediterraneo Futuro serve ad aiutare e sostenere questi agricoltori. Non in un solo settore merceologico, non solo in alcune regioni ma ovunque: stiamo lavorando a Latina, stiamo lavorando in Calabria dove molti produttori si sono messi insieme per produrre L’olio extra vergine di oliva.
 
Mediterraneo Futuro non significa soltanto rispetto delle regole, che è una precondizione: significa soprattutto lavorare di più per migliorare ciò che c’è. Il prodotto non dev’essere semplicemente una merce, dev’essere la leva di una proposta di cambiamento. Contemporaneamente ci dev’essere la bontà, la salubrità, la sostenibilità del prodotto e la sua missione di cambiamento.
 
Per concludere stiamo anche lavorando per contrastare lo spopolamento delle aree montane del foggiano: abbiamo un progetto per fare una pasta con dei grani antichi, una pasta molto particolare, che viene dai produttori di questa piccola cordigliera, dove la resa per ettaro non può certo essere quella della pianura. Sarà una pasta che racconta l’impegno di questi piccoli produttori per mantenere attivo e vivibile il loro territorio: questo è il tipo di azioni che vogliamo fare”.